Quando si parla di uso esclusivo di parti comuni, ci si riferisce al settore del regolamento condominiale. Lo si intuisce in primo luogo dal termine ‘parti comuni’: per definizione si intende, appunto, la fruizione di più persone di un bene. È il significato di ‘uso esclusivo’ però che ci interessa ed è l’argomento che il nostro studio, esperto in amministrazione di condominio a Roma, vuole illustrare nella presente guida. Qui approfondiremo cosa si intende per uso esclusivo di parti comuni e cosa dice la legge a riguardo.

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Cosa significa l’uso esclusivo di parti comuni

Si immagini la seguente situazione: il condomino di un immobile intende utilizzare in via esclusiva un bene che sarebbe condiviso da tutti come, ad esempio, un cortile. Il motivo potrebbe essere quello di parcheggiarvi un ciclomotore, visto che nessuno dei condomini utilizza quello spazio.

Un altro esempio, potrebbe essere la richiesta di usufruire in via esclusiva dell’ascensore, posto il caso che la palazzina conti solo due piani e che nessun altro abbia necessità dell’ascensore stesso.

Per uso esclusivo di un bene comune si intende, dunque, l’utilizzo da parte di un’unica persona di uno spazio che ricade, sino a quel momento, all’interno dei beni condivisi dalla collettività condominiale.

Ma cosa dice la legge al proposito? E’ sufficiente che nessuno utilizzi un bene comune affinché un condomino possa chiederne l’esclusiva?

Cosa dice la legge

La prima cosa da chiarire è la seguente. Il fatto che nessuno usi un bene con frequenza, non dà di fatto il diritto a chi ne chiede l’esclusiva, la prerogativa di appropriarsene.

Potrebbe darsi che un domani, infatti, arrivi qualcuno che ne faccia richiesta o che gli altri condomini lo usino sporadicamente.

Quindi, a norma di legge, l’uso esclusivo in questo caso è subordinato a:

  • convocazione dell’assemblea di condominio con la fattispecie all’ordine del giorno
  • approvazione della richiesta
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Cosa succede quando la richiesta viene accolta

In alcuni casi, la richiesta del condominio può venire accolta senza particolari problemi come, ad esempio, in quei casi in cui la manutenzione dello spazio sia onerosa a fronte di quanto quello spazio viene usato da tutti (ciò si verifica spesso per le terrazze).

In questo caso, il condomino ‘libera’ in un certo senso la collettività dal mantenimento dello spazio.

Tuttavia, la legge dice chiaramente che lo spazio non diventa di proprietà del condomino, a meno che egli non acquisti con atto notarile quello spazio.

Diversamente, su di lui ricadrà una quota sostanziosa della manutenzione, con il restante a carico degli altri condomini che, teoricamente, potrebbero chiedere la restituzione di quello spazio.

Altra specifica riguarda i voti necessari per approvare la richiesta: tutti i condomini devono deliberare per il sì. E, se il condomino in questione acquista lo spazio comune, esso diventa di sua esclusiva pertinenza. Lo stabilisce del resto la stessa Cassazione che specifica, tra le motivazioni, il fatto che questa operazione trasforma anche le quote dei millesimi che ciascun condomino ha a suo carico.